A Pian Rosada, area particolarmente colpita dalla furia del 2018, i rimboschimenti realizzati da Veneto Agricoltura sono difesi da recinzioni sperimentali “a prova di cervo” per la protezione delle giovani piante. Utilizzate sementi locali, ma, per i cambiamenti climatici, in piccoli appezzamenti, a dimora piantine provenienti da aree più calde.

Anche la Foresta del Cansiglio, gestita da Veneto Agricoltura, come tanti altri boschi dell’arco alpino, porta ancora le cicatrici della tempesta Vaia dell’ottobre 2018. In particolare a Pian Rosada, dove le piante abbattute o compromesse dalle fortissime raffiche di vento sono state moltissime, quantificabili in diverse migliaia di metri cubi di legname.

 

L’Agenzia regionale, subito dopo la tempesta, ha avviato nell’area le operazioni di sistemazione e rimboschimento. L’innovazione è stata la collocazione di recinzioni sperimentali “a prova di cervo” realizzate grazie al progetto europeo Interreg Italia-Austria “Bio∆4”, appena concluso, che Veneto Agricoltura ha condotto negli ultimi due anni d’intesa con l’Università di Padova e la Camera dell’Agricoltura del Sud Tirolo (Austria).

Le tre aree recintate, ciascuna di un ettaro, hanno la funzione di proteggere le piantine messe a dimora dalla brucatura dei cervi. Si tratta dello sviluppo di una sperimentazione avviata da alcuni anni nella foresta dei Dogi da Veneto Agricoltura, che ha posizionato una decina di piccole recinzioni, pochi metri quadrati, ma utili a valutare lo sviluppo delle giovani piante in “modalità protetta”.

Le piantine messe a dimora in Cansiglio (e non solo) arrivano per lo più dal Vivaio di Pian dei Spini, struttura di Veneto Agricoltura potenziata proprio per far fronte alle necessità delle foreste venete devastate da Vaia, la cui sede si trova poco lontano da Pian Rosada. Si tratta principalmente di piante autoctone di abete e faggio prodotte con sementi locali ma, nell’ambito della cosiddetta “migrazione sperimentale assistita”, Veneto Agricoltura intende utilizzare in piccole aree sperimentali anche delle piantine provenienti da aree climatiche più calde, come per esempio il faggio del Pollino. L’obiettivo è quello di farsi trovare pronti, in un futuro non lontanissimo, ad un possibile innalzamento delle temperature medie e alle conseguenze che ne potranno derivare.